'Il giardino degli oleandri' di Rosa Ventrella
E' il Meridione che
pervade maestoso le vicende di una donna che non perderà mai gli
occhi di bambina.
Un Meridione di salsedine, sole, aromi, profumi,
magie.
Scene immobili di
altri tempi, eppure ancora così attuali in certi angoli remoti
d'Italia, fanno da sfondo a pomeriggi assolati di donne dedite alla casa, loro spazio personale ed inattaccabile, e contemporaneamente attrici delle
stradine di un paese dalle dimensioni e dalla dinamiche di una grande
famiglia.
Popola il romanzo uno sfondo di figure caratteristiche.
Le comari si incontrano regolarmente, discorrendo su sedie di paglia intrecciata di un mondo femminile fatto di famiglia, pettegolezzi, segreti, farine ed elisir di benessere.
I pescatori abitano corpi scalfiti dal sole, con rughe profonde e occhi piccoli che si difendono da raggi di luce e calore. Le viuzze strette sono abitate da banchi di frutta, urla di piccoli commercianti, occhi che scrutano per diffondere dicerie.
Gli anziani oziano sull'uscio dall'alba al tramonto per osservare l'andirivieni di piedi scalzi e frettolosi e di lunghe vesti scure che si recano al pozzo in piazza per riempire brocche di acqua. Immortalano il tempo nascosti dietro carte da gioco e ampi bicchieri da cucina ricolmi di strutturato vino rosso.
Le comari si incontrano regolarmente, discorrendo su sedie di paglia intrecciata di un mondo femminile fatto di famiglia, pettegolezzi, segreti, farine ed elisir di benessere.
I pescatori abitano corpi scalfiti dal sole, con rughe profonde e occhi piccoli che si difendono da raggi di luce e calore. Le viuzze strette sono abitate da banchi di frutta, urla di piccoli commercianti, occhi che scrutano per diffondere dicerie.
Gli anziani oziano sull'uscio dall'alba al tramonto per osservare l'andirivieni di piedi scalzi e frettolosi e di lunghe vesti scure che si recano al pozzo in piazza per riempire brocche di acqua. Immortalano il tempo nascosti dietro carte da gioco e ampi bicchieri da cucina ricolmi di strutturato vino rosso.
Le differenze di
genere segnano un'epoca in cui le donne lavorano ai ferri maglie per
l'inverno, sbrigano le faccende domestiche, allevano i figli e
nutrono famiglie numerose con pasti caserecci; gli uomini lavorano i
campi, costruiscono edifici o partono, ignari di ciò che accadrà
loro, per impugnare le armi l'uno contro l'altro nel secondo
conflitto mondiale.
Drastica è la linea che separa le presenze
femminili da quelle maschili nella vita di Diamante, maschio mancato,
bambina riccia e ribelle, costantemente indaffarata a combattere e,
contemporaneamente, inasprire il conflitto con sua madre, che con gli
anni diventerà un conflitto interiore.
La Margiala
è la madre di Diamante, capo di una famiglia matriarcale; colei che
utilizza sapientemente l'energia ed il calore delle mani, colei che
detiene il sapere curativo della natura nelle miscele di erbe scritte
a memoria in una mente mai ferma. Fermo è, al contrario, il suo modo
di porsi, di apparire, di educare i figli e redarguirli, di
rapportarsi alle comari e di mettere a tacere chiunque incontri sul
suo cammino.
La vita di Diamante
scorre nell'ineluttabilità di una condizione morale e sociale
prestabilita, a cui cerca sistematicamente di contravvenire rubando
attimi di ribellione per assaporare la libertà,
correndo lungo il canalone che la porta laddove il mare si infrange
sugli scogli e le accarezza la pelle. Senso di ribellione, spirito di
contraddizione, fermezza nelle convinzioni e decisione non
l'abbandoneranno mai nell'arco degli anni descritti nelle pagine del
romanzo.
Note di tradizioni
culinarie nascondono un indomabile universo femminile e richiamano
le vicende in rosa de Il conto delle minne di
Giuseppina Torregrossa. Aria di magia e mistero pervade le righe,
richiamando occulte tradizioni di poteri non svelabili tramandati
lungo le generazioni di discendenza femminile, così presente anche
in Accabadora di
Michela Murgia.
Un
Meridione da scoprire nel mare, nel sole, nella terra, nelle menti,
nelle tradizioni, nella storia.
Il segno che mi hai lasciato...
[...]
e in questo risiedeva una perversa mania tipica del Sud ad inseguire
le sciagure [...] Può sembrare assurdo ma, per certe donne delle mie
parti, esiste persino una sorta di immaginaria gerarchia delle
sventure. Quelli che ne accumulano in quantità maggiore possono
esibirle come un vanto, da addurre a parenti e amici. Non so se
questo avvenga per effetto della fame o della povertà, ma annoverare
più disgrazie può diventare una sorta di merito.
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