Perle e rossetto
Esco dalla scena tra applausi composti,
melodici e sincronizzati; mi rifugio nel camerino angusto ed
accogliente.
Vengo assalita dal mio stesso profumo,
da una rilassante luce soffusa, da un caloroso disordine.
Metto via
la parrucca bionda e con le punte dei piedi stacco le scomodissime
scarpe dai talloni, una alla volta, lanciandole alla rinfusa.
Mi siedo alla grande specchiera e
accendo lampadine accecanti, pronta ad afferrare il latte detergente,
il quale profumato sgorga dal flacone e si schianta contro un morbido
disco di spugna.
Tolgo via la maschera di trucco che copre gli occhi,
le sopracciglia, le gote, le labbra.
Sono ricordi nitidi di una gioventù
rincorsa, quando ero una stella fulgida, brillante; quando ero
circondata da persone che mi seguivano come i girasoli si rivolgono
al sole; quando di fronte a me si stagliavano migliaia di volti
indistinguibili nella penombra del teatro, che seguivano ogni mossa
ed ogni parola con la bocca aperta da cui trapela incanto e gli occhi
umidi da cui trasuda emozione.
Ricordi, solo ricordi.
Le mani morbide, chiare ed affusolate di
quel tempo lasciano il posto ad estremità nodose, irregolari,
scurite, che terminano in unghie ancora smaltate avvolte, strette,
intorno ad un bicchiere. Il bicchiere: dai bei tempi andati, è
la mia unica compagnia.
Seduta sul divano, tagliando col viso la
stessa luce soffusa del camerino, mi volto a cercare la bottiglia; lei, al
contrario di me, sempre in compagnia di sue simili, sull'ampio
tavolino impolverato che sorregge una varietà di vetri semi-vuoti.
Riflettono la luce a seconda del loro contenuto; quei riflessi, li ho
imparati a memoria, nelle mie lunghe ore di ebbra solitudine.
Un sorriso amaro si impossessa del mio
volto ed un'idea bizzarra si fa strada nella mente, vuota come le
mie amiche bottiglie. Mi dirigo ancora sorridente verso la camera da
letto, con passi lenti ed incerti, sorreggendomi alle pareti del
lungo corridoio. Le mani vi scivolano lentamente, quasi ad
accarezzare la rugosità della carta da parati ingiallita.
Attraverso
l'uscio della porta e riconosco, ancora intatto, quello specchio che un
giorno mi ha visto giovane, acclamata e felice. È una vita che non
mi ci siedo di fronte, appollaiata sul paziente sgabello di legno.
Apro il cassetto ancora colmo di trucchi. Un rossetto, la mia
passione. Quello capace di trasformare qualsiasi espressione, di
colorare il pallore con raggi di luce, di distogliere l'attenzione di chi mi
guarda dallo sguardo stanco, assente, vuoto. Lo prendo e sfilo il
cappuccio. Faccio roteare la base e mentre spunta il cilindro di
crema cerata colorata ne sento il profumo.
Scorgo allo specchio un
viso di solchi profondi ed una capigliatura di corte, voluminose fibre
grigie.
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